Evaristo Beccalossi, lo sforzo di raggiungere l’infinito

Paolo Tagliaferri *

Ho sempre avuto simpatia per i giocatori dal talento immenso. Per chi ha il dono di decifrare le infinite traiettorie del campo di gioco. Il piede fatato che carezza il pallone, e lui docile si arrende e fa ogni cosa pur di compiacere il padrone momentaneo, stregone esperto, sciamano in trance che dialoga con gli spiriti.
Ma nemico di questo amore reciproco tra piede e palla è l’avversario cattivo, che stanco dell’ennesimo, inutile , ridondante, spossante, spesso inconcludente dribbling, alla fine comprende la successiva finta e interviene rudemente, portando via l’innamorato alla sua bella o la sua bella all’innamorato, fate voi. E quando questo accade e accadeva si rimane/rimaneva con l’amaro in bocca perché il troppo genio aveva rovinato l’azione, la percentuale troppo alta di talento, non diligentemente diluita con un solvente , aveva rovinato lo schema e il suo esito. Al giorno d’oggi mi viene in mente Mauro “Maurito “ Zarate; del passato non troppo lontano, invece, ricordo lui, Evaristo Beccalossi ( Brescia, 12 maggio 1956) , il grande seduttore del pallone, che per troppa generosità d’amante non sapeva mai dire basta e impegnava la sfera in giri vorticosi di tango o di valzer sino all’esaurimento, sino al limite possibile.
Non sapremo mai quanto era grande, in realtà, il suo talento perché incapace di dominarlo e regolarlo e dunque di contenerlo.
Conosciamo l’efficacia dei dribbling di Messi e di Ronaldo ma quella di Evaristo? La ignoriamo, perché spesso ci è capitato di vederlo fermare dal difensore quando aveva compiuto un numero spropositato di finte, tutte risolutive, ma ripetute e non più necessarie. Perfino Bruno Conti che di finte ci è vissuto, alla fine crossava. Evaristo non sempre.
I campioni come Messi e Ronaldo a che numero di avversari saltati o finte ripetute sarebbero stati fermati ?
Come nel noto Koan zen conosciamo il suono delle mani che battono, ma non conosciamo il suono prodotto da una mano sola. Così il talento immenso di Evaristo Beccalossi (mi si permetta non inferiore ai due di cui sopra ora in voga) è sfuggito alle misurazioni umane. Nel suo sforzo di raggiungere l’infinito ha perso probabilmente l’occasione di essere uno dei giocatori più forti di sempre e parlo a livello mondiale. Anche se il comico Paolo Rossi e chi vide Inter – Bratislava, potrebbe obbiettare qualcosina.
Evaristo, per me e per molti della mia generazione rimarrai colui che ha osato sempre e comunque, cercando, forse inutilmente, di raggiungere l’infinito.

* avvocato penalista e scrittore

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