Il gol del Generale

Paolo Tagliaferri *

Pago il tassista e scendo dall’auto. Il 15 agosto 2017, a dodicimila chilometri di distanza , trovo l’inverno. Tiro sul il cappuccio della felpa e cammino verso il cancello. Eccolo qui lo Stadio Nacional di Santiago del Cile. Chiudo gli occhi e vedo scorrere le immagini di quel settembre di quarantacinque anni fa ( scrivo nel 2018) . Lo stadio come un’immensa prigione. Teatri e stadi potevano diventarlo per una legge che, per la verità, c’era già sotto il governo di Unidad Popular. E, questa costruzione nella comuna di Nunoa, inaugurata il 3 dicembre del 1938, sotto il governo di Arturo Alessandri Palma, lo è stata dall’11 settembre 1973 per cinquantasei giorni sino a novembre. Terminò questa triste funzione solo per permettere di giocare una partita di calcio.
La nazionale cilena e l’ Urss dovevano scontrarsi per la qualificazione ai mondiali tedeschi del 1974, poi vinti dalla Germania in finale con l’Olanda. La partita d’andata si giocò a Mosca, stadio Lenin, il 26 settembre 1973. Pinochet era presidente della giunta militare da quindici giorni. Mosca aveva rotto le relazioni diplomatiche con il Cile. La partita fini zero a zero; per la propaganda dei militari, un trionfo. Per il ritorno , la Russia, vista la non democratitcità del governo militare, propose di giocare in campo neutro, La FIFA non lo concedette: il mondo diviso in blocchi non era così schizzinoso, erano ancora molte le dittature, il calcio non poteva essere ostacolato.
Così si arrivò a quel 21 novembre del 1973. I Cileni c’erano, la Selezione Russia no e si affidò a questo comunicato stampa per motivare la sua assenza: “Por consideraciones morales, los deportistas soviéticos no pueden en este momento jugar en el estadio de Santiago, salpicado con la sangre de los patriotas chilenos”, (“Per ragioni morali gli sportivi sovietici non possono , in questo momento, giocare nello Stadio di Santiago macchiato del sangue dei patrioti cileni”). Partita vinta ma il dittatore, “Pin 8 “, come lo chiamavano e lo chiamano tuttora da queste parti , voleva che il suo capitano , Francisco Valdes (militante di sinistra) , segnasse un gol simbolico . Il bravissimo Carlos Caszely, anche lui di fede Allendista, compagno di squadra nei Colo-Colo, voleva sparare il pallone fuori ma non lo fece, passò, invece, la palla al capitano e questi, come da copione, segnò. La partita durò trenta secondi. Cile qualificato . I suoi compagni vomitarono negli spogliatoi. Sapevano di aver offeso gli dei del calcio.

Il regime aveva organizzato, a seguire, un Cile-Santos amichevole, proprio per rendere meno amara la farsa e giustificare il costo del biglietto. Finì 5 a 0 per i brasiliani.
“ La partita farsa del 21 novembre è stata anche irregolare” mi dice la bella e simpatica Anjelica Espinoza, mentre cerco di riprendermi dall’emozione; Anjelica è una delle volontarie del complesso monumentale intitolato ai diritti umani “Estadio nacional, memoria nacional”. Mi fa fare il giro completo di tutto il complesso , velodromo compreso. “ Vi erano meno di sette giocatori e dunque non poteva giocarsi per regolamento. E se , nonostante tutto, come hanno fatto, giochi e la quadra avversaria scende in campo con meno di due giocatori, ogni goal sarà in fuori gioco. Solo se si calcia dalla propria metà campo il goal può essere regolare. Questo non avvenne. Avanzammo, di passaggio in passaggio, sino al goal di Valdes, il gol del disonore voluto da Pinochet. Si guardi un bellissimo documento video sul calcio e i diritti umani ” Rebeldes del Fútbol – Carlos Caszely”. Uno degli intervistati ripete questa frase: hanno profanato un luogo sacro. E’ così, o meglio, lo hanno fatto due volte: trasformandolo in un lager e segnando quel goal della vergogna.”
Guardo la “Escotilla 8”, l’accesso alle tribune dalla quale passavano i detenuti diretti alle camere di tortura o invece, feriti e stremati dal dolore, salivano sulle gradinate per una boccata d’aria. Dopo quel novembre, sarà il turno di luoghi come Calle Londres 38, della casa de Jose Domingo Canas n. 1367, di Villa Grimaldi , de la Venda sexy o discoteque, di Tres Alamos e Cuatro Alamos. Esco anche io all’aria, siedo sulle gradinate e osservo lo stadio.

Anjelica mi guarda e dice: “Da qui passarono circa 40.000 prigionieri. Ci furono anche cinque italiani, quattro uomini e una donna.” Rimango in silenzio, gli occhi lucidi. Il verde del campo di gioco contrasta con l’acciaio del cielo nuvoloso.
Ai mondiali del 1974 il Cile fu buttato fuori nella fase a gironi. Perdette con la Germania ovest, pareggiò con la Germania est e l’Australia. Quell’anno vennero introdotte le ammonizioni e le espulsioni e Caszely ebbe il primato di essere il primo giocatore della storia a finire la gara
anzitempo per un fallo su Berti Vogts.
Sedici anni dopo, grazie al plebiscito previsto nella costituzione del 1980, fu il turno dell’uomo che aveva tradito la fiducia di Prats (lo consigliò come comandante in capo dell’esercito) e di Allende e di una generazione di cileni democratici. Gli dei del calcio, se offesi, non perdonano. Pinochet, il generale che aveva voluto il goal farsa, il goal della vergona, venne espulso dalla storia.

* avvocato penalista e scrittore

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